Le enormi granite del caffè Romeres

Una vecchia foto dell’ingresso del Caffè Trinacria, come appariva all’inizio di questo secolo. Sull’uscio è il cameriere Isidoro, caratteristica figura e personaggio del giornale satirico «Il Babbìo»

In una precedente nota, trattando delle taverne di Palermo, mettemmo in evidenza come nell’Ottocento fosse logica e naturale la coesistenza nei vecchi quartieri delle bettole e dei «caffè», mentre nelle zone di espansione la taverna non avesse invece alcuna ragione d’esistere. Nella prima metà del XIX secolo il «caffè» palermitano era nel suo pieno splendore, assolvendo contemporaneamente le funzioni dell’odierno bar e di ristorante.

Leggiamo in una guida di quel tempo: «La mattina ciascuno fa colazione in queste buone botteghe, in mezzo ai sorbetti, al caffè, alla cioccolata, ed alle bevande di latte con caffè; dopo il pranzo , il caffè ed i liquori; la sera, la birra, le limonate ed i sorbetti. Il ritardo dell’ora di pranzo, fissata presentemente dalle 4 alle 5 ore p.m. per tutta la nobiltà, e le persone di alto affare, si è introdotto per moda la mattina un pasto sodo; queste sono le colazioni a rinfreddo composte di costerelle, di carni fredde, di polleria, e d’uova, accompagnate di eccellenti vini. Durante il giorno e la sera nei caffè, nei circoli di conversazione ed altrove, si leggono gazzette, si giuoca alle carte, alle dame, agli scacchi ed al bigliardo. In alcune di queste riunioni si trattano affari, si discorre sopra le opere teatrali e le notizie del giorno». Questa era la vita nel caffè palermitano.

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E di ottimi «Caffè» ce n’erano in quantità: quello di via dei Cintorinai, il Caffè della Colomba detto del Greco che «apprestava buoni sorbetti ed era la riunione di persone di virile età», molti altri nella via Toledo (l’odierno Corso Vittorio Emanuele) tra i quali il Caffè di Sicilia «il più centrale ed uno dei migliori della capitale». Pochi ancora invece, in quel tempo, i caffè fuori porta, nonostante che da quasi cinquant’anni la città si fosse sviluppata verso il piano di S. Oliva. Ma ben presto, però, anche in questa zona apparvero i primi. Tra questi quello detto «dei cacciatori» che occupava cinque botteghe del palazzo Francavilla-Sperlinga prospettando sulla piazza Verdi. Era gestito da certo «monsù Binirittu» e costituiva il luogo di convegno dei cacciatori che la mattina si recavano a Monte Pellegrino per la passa delle quaglie.

Il Caffè dei Cacciatori, alla morte di «monsù Binirittu» avvenuta verso il 1870, chiuse i battenti. Ma, un pò più in là, al «quadrivio di campagna» già prosperava il «Caffè della Trinacria», fondato nel 1840, proprio ubicato dove oggi si trova un grande magazzino di calzature. Era chiamato anche, dal nome del gestore, Caffè Romeres.

«Al Caffè Romeres ai quattro Canti di Campagna gli ufficiali dei reparti di guardia ridevano e sorbivano granite enormi». Così nel «Gattopardo» Giuseppe Tomasi di Lampedusa mette in evidenza come nel maggio del 1860 quello fosse l’unico segno di vita in una città deserta e trepidante, in attesa – a seconda delle vedute politiche – del biondo «eroe dei due mondi» o del «filibustiere del Mediterraneo». E pare che Garibaldi, entrato a Palermo, si sia anche soffermato nel Caffè della Trinacria, o nei pressi, come ricordava una lapide oggi scomparsa.

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Alla fine del secolo XIX le guide cittadine consigliavano, per chi volesse desinare o far colazione, di andare al Caffè Oreto, in Piazza Marina, dove la sera del 12 marzo 1909 consumò il suo ultimo pasto il famoso detective italo-americano Petrosino, o al Lincoln, o alla Stella Americana, o al Vigliena, o al Bologni o al Progresso; ma nessuna di esse dimenticava di raccomandare di frequentare l’elegante Caffè Romeres, ormai non più fuori porta, ma proprio nel cuore della zona più moderna della città.

La fotografia che riproduciamo mostra l’ingresso del Caffè Trinacria come appariva verso la fine del secolo scorso o all’inizio del presente. Sull’uscio si scorge Isidoro, cameriere e figura molto caratteristica, tale da diventare addirittura personaggio di un giornaletto satirico locale «Il Babbìo» soppresso verso il 1924 per ordine del federale fascista di quel tempo. Il Caffè Trinacria – sia pure attraverso gestioni diverse – visse fino a poco tempo dopo la seconda guerra mondiale. Poi nel 1945 cessò completamente la sua attività ed al suo posto sorsero altri esercizi commerciali.

Una vecchia fattura del Caffè della Trinacria, gestito da Diego Romeres

Di esso non rimane che qualche vecchia fattura ingiallita con l’intestazione: «Caffè della Trinacria – Al quadrivio di campagna fuori Porta Maqueda n. 70 – Negozio di sicari esteri ed indigeni – Spiriti – Liquori esteri ed altro».

LA CITTÀ PERDUTA | 14 gennaio 1972

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Contrariamente a quanto scritto sul vostro giornale nell’edizione del 14 gennaio u.s., l’antico caffè «Trinacria» del Romeres era situato ai Quattro Canti di Campagna e precisamente nel vecchio palazzo, ora non più esistente, dove attualmente si trova un magazzino di abbigliamento. Fatto questo nuovo palazzo, il caffè Trinacria, comunemente chiamato «Il Romeres», si trasferì all’angolo di fronte dove oggi è un grande magazzino di calzature, ma vi durò poco tempo. All’interno del vecchio caffè, una piccola stanzetta semicircolare, era collocata una targa in marmo che ricordava la visita di Garibaldi. Lo «chic» di quell’epoca, in estate, si sedeva all’esterno allungando le gambe ed osservando maliziosamente le signore.

(Ettore Cerutti)

Veduta aerea dei Quattro Canti di Campagna

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Ringraziamo il lettore Cerutti per la precisazione fornitaci circa l’originaria posizione dell’antico Caffè Romeres ai Quattro Cantoni di Campagna. Nessuna fonte scritta ci ha consentito di precisare l’antica sede del caratteristico ritrovo degli sfaccendati della «belle époque» che sedevano allungando le gambe (o tempora, o mores) e osservando maliziosamente le belle signore. Lo stesso Cerutti, in fondo alla lettera inviataci, ci racconta un gustoso, irriferibile episodio di quel tempo. Lo teniamo in serbo nella ipotesi che un giorno scriviamo una «antologia proibita» degli usi e costumi della felice capitale della Regione siciliana.

LA CITTÀ PERDUTA | 23 febbraio 1972

Contributi esterni all’articolo:

I Quattro Canti di campagna (intersezione tra via Ruggero settimo e via Mariano Stabile) e sullo sfondo via Libertà, prima della costruzione dei palazzi con i portici. A sinistra il negozio storico di Barbisio, a destra il Caffè Trinacria. Anni ’30.

PRESENTE IN: Personaggi e Arte e Cultura