Il Teatro Massimo e il fantasma di una monaca

Il Massimo in corso di costruzione

«Per la stagione lirica ’73-’74, siamo ritornati al Politeama che, per altro, ospitò l’opera sin dal giugno 1874, data della sua inaugurazione». Così ci scrive Corrado Caronna nell’inviarci un’interessante nota sul Teatro Massimo che, soltanto per ragioni di spazio, siamo costretti a condensare in qualche sua parte.

«Il nostro Teatro Massimo – riferisce Caronna – ha già la bella età di 77 anni e, nonostante che la sua mole abbia ben resistito alle insidie del tempo e degli avvenimenti, ha bisogno di aggiornarsi a nuove tecniche. Fortunatamente, la genialità del suo ideatore lo mette in grado di accogliere ogni innovazione senza dover ricorrere a trasformazioni sostanziali».

È opportuno esporre brevemente qualche notizia sull’origine e sulla storia di questo magnifico tempio dell’arte. Fu Mariano Stabile, già segretario di Ruggero Settimo nel Governo rivoluzionario del 1848, che, ricoprendo la carica di Sindaco della città, lanciò l’idea della costruzione di un grande teatro a Palermo. Il suo successore, marchese di Rudinì, bandì il concorso internazionale per la redazione del progetto ed il Consiglio comunale, nel maggio del 1864, ne approvò le norme.

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Molte peripezie afflissero però l’espletamento del concorso; alla scelta del vincitore si pervenne soltanto nel 1868, con ben due anni di ritardo rispetto alla data prefissata. Quando, finalmente, il primo premio venne assegnato al palermitano G. B. Filippo Basile, che ben lo meritava per aver ricevuto riconoscimenti in campo internazionale e per aver eseguito il miglior progetto, si scatenarono invidie e gelosie con conseguenti denunzie che tormentarono la vita del vincitore e fecero ritardare l’inizio dei lavori.

La prima pietra fu collocata, con una solenne cerimonia, il 12 gennaio del 1875, dopo ben sette anni dalla scelta del progettista.

Nel 1882, i lavori vennero sospesi, con gran soddisfazione di critici ed oppositori, e nacque allora la «questione Teatro Massimo» che divise stampa e cittadini in opposte fazioni. Intanto, sulle fabbriche abbandonate crescevano le erbacce e il tutto minacciava di andare in rovina.

Nacque perfino una strana leggenda. Per la creazione della piazza sulla quale far sorgere il teatro, era stato demolito l’antico Rione S. Giuliano, abbattendo i conventi ed i monasteri che vi sorgevano. Nel corso della demolizione del Monastero di S. Giuliano, che si trovava proprio sull’area oggi occupata dal Massimo, pare fosse stata violata la sepoltura di una monaca, disperdendone le ossa nella pubblica discarica. Si disse allora che si intravedeva spesso il fantasma tormentato della suora, la cui maledizione incombeva sul costruendo teatro, e che, per tale motivo, esso non sarebbe stato mai ultimato.

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Con questa leggenda, messa in giro a bella posta, gli oppositori alimentarono la lunga polemica sino al 1889, anno in cui si ripresero finalmente i lavori. Nacque allora una vera e propria febbre per la definizione dell’opera e si sarebbe preteso che i lavori venissero ultimati entro il 1891 per far coincidere l’inaugurazione del teatro con l’Esposizione Nazionale. Ciò, però, non fu possibile ed il Massimo venne ultimato nel 1897, dopo ben 33 anni dalla data del bando di concorso e 22 dalla posa della sua prima pietra. I contrasti, inoltre, avevano fatto salire la spesa iniziale, prevista in L. 3.000.000 circa, a L. 7.800.000, somma enorme per quei tempi.

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L’architetto G. B. Basile non vide completa l’opera alla quale aveva dedicato gran parte della sua esistenza e gli ultimi lavori furono diretti dal figlio Ernesto. Alla realizzazione del Massimo collaborarono illustri artisti di quel tempo, tra i quali vanno ricordati Salvatore Valenti, De Maria, Di Giovanni, Cortegiani, Enea, Cavallaro, Benedetto Civiletti, Mario Rutelli e Giuseppe Sciuti che dipinse il grande sipario.

La prima stagione lirica ebbe luogo dal 16 maggio al 30 giugno del 1897. L’entusiamo fu grande, gli abbonamenti raggiunsero il completo nonostante i prezzi fossero alquanto elevati. Per 26 recite, per i palchi di prima fila si pretesero L. 728, per quelli di seconda L. 884, e L. 468, L. 208 e L. 130 rispettivamente per quelli di terza, quarta e quinta fila. Fu consentito, però, di pagare in due rate. Le poltrone costarono L. 150, le poltroncine L. 90, la platea L. 60 ed il loggione soltanto una lira.

Programma ricordo di un «Grande Concerto Wagneriano» dato al Massimo a beneficienza dell’Ospizio Marino «E. Albanese»

La vita del grande teatro ebbe così inizio e continuò tra alterne vicende. Nel corso dell’ultima guerra, una bomba cadde sul palcoscenico sfondandolo e scoppiando alla base, ma la grande mole dell’edificio resistette. Ben 400 metri quadrati di vetri andarono in frantumi; tuttavia, nel complesso il teatro non subì gravi danni. Le truppe di occupazione americane vi stabilirono alcuni loro uffici e parve che tutto fosse irrimediabilmente perduto. Ma il Massimo ritornò al suo primitivo splendore ed i lavori in corso certamente gli daranno una nuova giovinezza.

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Caronna conclude la sua nota «invitando i cittadini a riflettere su quanto sia deleterio l’eccesso di dialettica ed il disaccordo quando si presentano avvenimenti rispetto ai quali si dovrebbe essere tutti uniti e concordi per il raggiungimento dell’interesse collettivo, mettendo da parte ogni e qualsiasi personalismo ed interesse privato».

Ciò è indubbiamente vero ma è necessario osservare che soltanto il tempo rende giustizia ad uomini e cose. Allora a molti sembrò assurdo spendere per un teatro una somma enorme in una città che mancava di tutto. Da ciò le polemiche e le loro degenerazioni. I 77 anni trascorsi hanno ormai certamente placato gli animi dei cittadini e lo spirito tormentato della suora dell’antico Monastero di S. Giuliano.

LA CITTA PERDUTA | 6 marzo 1974

PRESENTE IN: Personaggi e Arte e Cultura